Ciò che è accaduto a Gioia Tauro non scalfisce minimamente questa nostra coerenza e per ribadirla abbiamo deciso di prevedere alla immediata ripresa dell’attività dopo la pausa estiva una grande iniziativa nazionale in Calabria per chiarire il nostro pensiero ed il nostro impegno.
Quando capitano vicende come quella denunciata dobbiamo chiederci se i nostri gruppi dirigenti hanno delle responsabilità, sia nell’essere stati sordi a dei segnali premonitori, sia nell’aver sottovalutato la gravita della situazione. E’ ciò che abbiamo cominciato a fare e che continueremo a fare con rigore, pur sapendo che il metro di misura di tale riflessione non può essere quello di confondere il mestiere del sindacato con quello delle forze dell’ordine, nè della magistratura. Ma non ci sottrarremo a questo compito. Quello che non può essere accettato è la caccia alle streghe o il gioco dello scaricabarile. Voglio ricordare che la persona inquisita frequenta gli ambienti della Cgil, ossia della Camera del Lavoro di Gioia Tauro anche in qualità di componente degli organismi dirigenti, da quando i nostri massimi responsabili della Fillea calabrese ancora non avevano iniziato le scuole elementari ed altri ancora non erano nemmeno nati. Non è dunque accettabile il fuggi, fuggi al quale sembra di assistere in questi giorni e la tendenza a scaricare sull’ultimo anello della catena eventuali responsabilità che non possono che essere collettive, se mai vi fossero. Questo la categoria lo deve dire chiaro e tondo, perché diversamente, oltre a non dare bella prova di unità e solidarietà del gruppo dirigente, non aiuteremmo la stessa organizzazione a trarre da questa vicenda ulteriore stimolo per avanzare verso il forte rinnovamento di cui anche quelle strutture territoriali necessitano.
Vorrei anche ricordare che lo sforzo fatto dalla Fillea in questi ultimi 5-6 anni è stato quello del completo rinnovamento, anche generazionale, dei gruppi dirigenti calabresi. Quasi la metà dei segretari generali a mala pena arriva ai trent’anni di età; a Gioia Tauro abbiamo una donna alla direzione della categoria. Abbiamo fatto scelte coraggiose, per lasciarci alle spalle un passato che non aiutava la nostra organizzazione a crescere. Probabilmente, stiamo pagando oggi il prezzo di questa forte innovazione, attraverso un assestamento organizzativo che presenta luci ed ombre.
Ma vogliamo difendere questa scelta anche chiamando la Confederazione calabrese a verificare la coerenza con la quale tale processo viene sostenuto, sapendo che in alcune province le scelte operate, con nostra grande perplessità, hanno mostrato scarsa attenzione alle peculiarità del lavoro nel settore, che spesso è lavoro sul fronte, ed hanno oggi come conseguenza il progressivo indebolimento della nostra forza rappresentata sul territorio. Per questo, andremo ad un confronto nei prossimi giorni con la Cgil calabrese per rilanciare un progetto comune di rafforzamento politico ed organizzativo della nostra categoria su tutto il territorio della regione.
Il rinnovamento organizzativo, la cui manifestazione più evidente è nel ricambio generazionale, molto vistoso in diverse aree del nostro Paese, parla di questo cambiamento in termini positivi. Aver rinnovato ha presentato dei rischi e delle suspense, ma il bilancio complessivo è positivo, ci consente di affermare che quella scelta è stata giusta e mette nella condizione l’intera organizzazione di guardare con ansie minori a quel vuoto generazionale, che rappresenta l’assillo principale del nostro sindacato.
Ci siamo, poi, battuti per una Fillea che assumesse la multiculturalità quale tratto distintivo della moderna globalizzazione, in un settore dove l’incontro tra etnie diverse rappresenta una realtà incontrovertibile. Un terzo degli immigrati iscritti alla Cgil viene dalla nostra categoria e noi dobbiamo sentire il peso della responsabilità che deriva dalla sfida congressuale di Pesaro, relativo alla costruzione del primo sindacato multietnico della Cgil. Anche da qui, si può tornare indietro? Domanda assolutamente retorica…
Abbiamo poi scelto di essere il sindacato non solo della forza lavoro strutturata, nel nostro caso degli iscritti alle Casse Edili, ma anche della precarietà sempre più diffusa nei nostri settori. Questa precarietà ci parla degli immigrati clandestini, ma ci parla anche di professioni alte e qualificate, come nel caso dei beni culturali, dove una moltitudine di giovani cerca nel sindacato un interlocutore in grado di rappresentare aspirazioni e bisogni non solo legittimi, ma in grado di offrire al Paese una risposta allo sviluppo di qualità, quello che fa la differenza nella competizione globale. Anche da qui, si possiamo tornare indietro?
Giorno dopo giorno ci siamo accorti di aver costruito una Fillea nuova, diversa da quella di 10-15 anni fa, nella quale alla tradizione si è sempre più sommata una innovazione che non si traduce in un conflitto a livello di rappresentanza, bensì in un arricchimento della stessa.
Il rinnovamento organizzativo, la cui manifestazione più evidente è nel ricambio generazionale, molto vistoso in diverse aree del nostro Paese, parla di questo cambiamento in termini positivi. Aver rinnovato ha presentato dei rischi e delle suspense, ma il bilancio complessivo è positivo, ci consente di affermare che quella scelta è stata giusta e mette nella condizione l’intera organizzazione di guardare con ansie minori a quel vuoto generazionale, che rappresenta l’assillo principale del nostro sindacato.
La nostra Conferenza di organizzazione dovrà rappresentare la sanzione definitiva di questa scelta, per consegnare ad un nuovo gruppo dirigente il futuro di questo sindacato. Abbiamo ancora dei limiti da superare. La Fillea troppo spesso viene ancora considerata una categoria chiusa, impenetrabile ed in parte questo è vero, come è vero che questo limite ha contribuito a far si che il settore e la categoria siano poco compresi in tanta parte della Cgil. Ma tutto ciò non fa giustizia del grande contributo che la Fillea può dare al dibattito della Cgil. Per questo dobbiamo scrollarci di dosso le remore ed i complessi che ci caratterizzano, per investire la dote di cui disponiamo nella vita della Confederazione.
E dobbiamo farlo dimostrando di essere un gruppo dirigente in grado di mettersi in discussione e di favorire, con l’ingresso di nuove forze e di nuove mentalità, quel rinnovamento di cui abbiamo bisogno.