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6 commenti:
Per ASIA buco da 45 milioni
Scritto da Fabio Pavesi da il Sole24ore, 21-05-2008 07:46
Sarà colpa di quell'inceneritore di Acerra mai partito o degli impianti di selezióne che sono stati capaci di produrre solo montagne di ecoballe inservibili, ma è certo che un ruolo chiave nel dramma dell'invasione dell'immondizia per le strade di Napoli spetti anche all'azienda pubblica dei rifiuti. Che poi si chiami Asia (acronimo di azienda servizi di igiene ambientale) non deve trarre in inganno. Quel nome soffuso nasconde una realtà di gestione aziendale pubblica tra le più paradossali. Tra le aziende che si occupano di rifiuti delle più grandi città italiane, Asia ha il primato dell'aumento dei ricavi, che poi corrispondono semplicemente alla tariffa pagata dai cittadini, più consistente.
Dal 2003 al 2006, secondo l'ufficio studi di Mediobancaper conto di Civicum, i fondi girati dal Comune di Napoli (azionista al 100%) sono aumentati del 40%, passando da 117 milioni del 2003 a 163 milioni del 2006. Tanto per dare un'idea a Torino l'incremento, nello stesso arco di tempo, è stato del 18%, a Bologna del 21% mentre a Milano è stato addirittura negativo. Il dato fa an-
cora più effetto tradotto in euro per abitante. I napoletani hanno visto la tariffa rifiuti salire da 116 euro in media del 2003 ai 156 del 2006. Un torinese pagava in media nel 2006140 euro, un milanese 139, un triestino 124.
I napoletani pagano più di altri il servizio di raccolta ma, le strade restano invase dall'immondizia.
Con quei soldi in più le altre aziende pubbliche non solo puliscono le strade ma si fanno carico della raccolta differenziata. A Napoli come è noto le cose non sono mai andate così*. Se a Trieste, così come a Torino o Brescia, dove pur i cittadini pagano meno dei napoletani il servizio, il tasso di raccolta differenziata è da anni ben sopra il 33%, nel capoluogo campano si supera a malapena il 10 per cento. Bel risultato conseguito in questi anni dai dirigenti e dai 2.100 netturbini stipendiati da Asia. Solo per il costo del lavoro, sempre secondo l'analisi dell'Ufficio studi di Mediobanca, vengono drenati dal bilancio di Asia ben 75 milioni, il45% del totale dei corrispettivi erogati all'azienda dal Comune. Altri 90 milioni sono soli i costi del servizio. E così l'azienda va in perdite già a livello operativo. Nel 2004 e 2005 il rosso finale e cumulato di bilancio è stato di 15 milioni. Nel 2006 il buco ha raggiunto i 29 milioni e rotti. Tre anni culminati con l'immondizia ovunque in città costati ai cittadini più della media del Paese e con un conto (anch'esso a carico dei cittadini) da pagare, con le future tasse, di ben 45 milioni di perdite. Il sindaco partenopeo Rosa Russo Jervolino ha ribadito di non volersi dimettere. Buon per lei, ma forse un'occhiata alla "sua" azienda dei rifiuti e a come lavora andrebbe dato.
Marotta: «Siamo ostaggi di una nuova borghesia: quella dei rifiuti tossici»
Scritto da e.d.b. da l'Unità, 21-05-2008 08:34
Ha passato una settimana impegnativa, l'avvocato Gerardo Maratta, classe 1927, presidente e fondatore dell'«Isti-tuto Italiano per gli Studi Filosofici» e dell'«Assise di Palazzo Marigliano». Preso nell'organizzazione di un importante convegno su Francesco Saverio Nitti, è rimasto colpito dall'associazione che il Corriere della Sera ha fatto giusto ieri: la sua foto era accostata «al magma che si annuncia nella città di Napoli». Vale a dire a quella moltitudine di istanze che oggi avranno visibilità, in occasione dell'arrivo del governo, nel capoluogo partenopeo.
«Le Assise della città di Napoli - ci tiene a precisare - sono una libera accademia dove si studiano e si propongono soluzioni secondo le più avanzate idee scientifiche». Avvocato Maratta, lei è preoccupato per la sua città. Perché?
«Sono preoccupato della trasformazione antropologica che è avvenuta a Napoli. Le cause derivano dalla circostanza che le industrie del Nord da più di 40 anni, per risparmiare sui costi della bonifica dei rifiuti tossici che producono, hanno pensato di affidarsi alla camorra e alla mafia per sversare nelle terre del Mezzogiorno tutti i loro scarti di lavorazione. In questo modo hanno ridotto il povero Mezzogiorno, con le campagne più fiorenti d'Italia e d'Europa, un territorio celebrato da viaggiatori stranieri, in un'area soffocata dai rifiuti tossici».
Quale è stata la conseguenza?
«Gli imprenditori del Nord hanno risparmiato: se lo smaltimento regolare fosse costato 10, con la camorra costava 3. Ma soprattutto hanno prodotto l'arricchimento del capitale finanziario di mafia e camorra. Il punto è quello denunciato dall'ultimo Congresso dei magistrati a Sorrento: questo traffico di rifiuti tossici da Nord a Sud ha creato una nuova borghesia, dei "gestori dei rifiuti tossici". Questa borghesia è diventata
classe dirigente che comanda sulla burocrazia, nomina consulenti. Fa tutto quello che dovrebbe fare una classe dirigente "fisiologica". E ha trasformato tutta la società civile esercitando una grande influenza anche sui ceti professionali. Gli avvocati non sono più i De Marsico o i De Nicola. Oggi assistono la nuova borghesia dei gestori dei rifiuti a evadere le tasse, anche-perché il ministero delle Finanza non ha ancora classificato questa tipologia di lavoro. E quindi questi non pagano tasse».
Che effetti causa l'innesto di questa nuova borghesia nella realtà campana?
«Si è passati dal "familismo amorale" di Banfield in cui si cerca di massimizzare i vantaggi per la propria sola famiglia, al totale disinteresse del bene pubblico. Si è passati alla corsa forsennata al denaro, a guadagnare soldi comunque. Tutte le professioni ci sono dentro. È la trasformazione antropologica della società civile. I figli arrivano a scuola con Bmw e Mercedes, e insultano i professori dicendo: "Noi abbiamo la Mercedes, mentre tu non riesci a fare la spesa". E se il preside interviene finisce che distruggono la scuola».
Come si risponde a questo processo antropologico? «La stampa nazionale crede che le Assise siano un movimento quasi politico, tipo '68. Per carità. Le Assise del mezzogiorno sono centri di tenuta civile, così come l'Istituto italiani per gli studi storici e l'Istituto italiano per gli studi filosofici. Sono Assise che studiano l'agricoltura, la diossina, le scienze. Servono a questo».
Durante l'ultima crisi-rifiuti molte regioni del nord non hanno accettato di ricevere la spazzatura napoletana...
«Ora dicono: "Il Mezzogiorno non lo vogliamo più". Ma come vi permettete? Voi avete infestato tutto, il cratere di Pianura oggi non esiste più, vi hanno buttato dentro anche i camion oltre che i rifiuti. E adesso la magistratura qui camion li ha addirittura trovati».
E il bassoliniano Gianni Lettieri presidente dell'Unione Industriali propone le gabbie salariali..
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Lettieri: salari differenziati per rilanciare il Mezzogiorno
Scritto da Paolo Grassi da il Corriere del Mezzogiorno, 21-05-2008 07:49
Loda il premier Berlusconi per la decisione di svolgere a Napoli il primo vero Consiglio dei ministri della nuova legislatura («apprezzo la scelta, un segnale importante: speriamo che continui con questa attenzione verso i problemi della città»); rilancia il tema dei salari differenziati come strumento per rimettere in moto economia e occupazione nel Mezzogiorno («ma non confondete quest'idea con una nostalgia delle gabbie »); apre al federalismo fiscale e alla Banca del Mezzzogiorno; non intravede nella Lega particolari pericoli per il Meridione; considera il Ponte sullo Stretto un'iniziativa importante e positiva; boccia quella classe politica del Sud che «non vuole rinnovarsi e rigenerarsi».
Gianni Lettieri, leader di Confindustria Napoli, accoglie così il Governo e il presidente Berlusconi. Prese di posizione nette, che faranno certo discutere. Ma si sa, il leader degli imprenditori partenopei è una di quelle persone che non amano le mezze misure.
Presidente Lettieri, lei già quattro anni fa — quando guidava l'Unione industriali di Avellino — accennò alla necessità di collegare i salari e più in generale il costo del lavoro al tasso di occupazione territoriale.
Ora rilancia?
«Premessa importante: parlare di salari differenziati non significa parlare di gabbie salariali».
Precisazioni a parte, ci spiega la sua proposta?
«Attuare una politica volta a una più incisiva relazione tra salari e tasso di occupazione. Il che, badate bene, non significa pregiudicare l'obiettivo di convergenza regionale delle stesse retribuzioni; anzi, ritengo che rappresenti una spinta verso maggiori investimenti soprattutto per creare nuova occupazione. Condizioni, queste ultime, che poi favorirebbero il riallineamento dei salari ai livelli più alti».
E l'Ue cosa ne direbbe?
«Ritengo nulla. Qui si tratta, infatti, di ridurre il costo del lavoro sulla base del tasso di occupazione, non di coordinate geografiche: s'interviene nelle aree dove il riferimento è più basso. Se poi questo significa incidere soprattutto nel Mezzogiorno è altra cosa rispetto a un aiuto specifico per il Sud che l'Europa ovviamente vieta».
C'è un'ipotesi bis?
«È un dato strutturale che nel Mezzogiorno sono concentrati i 2/3 dei salari inferiori a quello medio italiano. Quindi, in seconda battuta, si potrebbe impostare una politica di abbattimento della contribuzione fiscale in modo generalizzato, su tutto il territorio italiano, relativamente alle sole retribuzioni più basse. Anche in questo caso si creerebbero vantaggi nel Meridione, con effetti positivi sia sull'ampliamento della base occupazionale, sia sull'emersione del sommerso, sia sulla facilitazione della contrattazione».
Ridurre il costo del lavoro: una strada che lei considera decisiva?
«Se dovessimo lasciare intentate queste linee d'azione il rischio vero per il Mezzogiorno è di comprimeree ulteriormente la già limitata possibilità di attrarre investimenti esteri e nazionali. Ma poi c'è altro da fare... ».
Per esempio?
«Parliamo di infrastrutture. Ci sono interventi che vanno effettuati perché fondamentali. Uno su tutti: l'alta capacità ferrioviaria Napoli-Bari; opera che deve essere completata seguendo un timing rigoroso: necessitiamo di collegamenti moderni dalle sponde meridionali del Tirreno e dell'Adriatico ».
E il Ponte sullo Stretto di Messina?
«È una cosa da fare, anche se non la considero priorità assoluta. Certo, va detto che con quest'imponente iniziativa la Sicilia si potrebbe considerare davvero parte integrante del continente: psicologicamente, e non solo, sarebbe un fatto molto positivo sia per lo sviluppo, sia per combattere i fattori malavitosi ».
La Banca del Mezzogiorno lei non l'ha mai vista bene...
«La mia contrarietà è dettata da una considerazione pratica: per dar vita a una banca fortemente radicata nel Mezzogiorno, come vuole giustamente Tremonti, servono tempo e grandi risorse. Prima del voto noi industriali napoletani abbiamo incontrato l'attuale ministro dell'Economia. Insieme pensammo a un'operazione di aggregazione delle banche popolari presenti sul territorio meridionale (quelle di discrete dimensioni). Su questa linea l'ipotesi di un istituto per il Sud mi convince di più».
Lettieri lei è preoccupato dal federalismo fiscale?
«Se si realizza bene, con tutte le garanzie per i cittadini, non vedo perché non si dovrebbe fare. Responsabilizzare di più la classe dirigente locale mi pare cosa buona e giusta. Se questo poi apre le porte anche sulla possibilità di legiferare localmente in maniera più incisiva, con una conseguente maggiore autonomia rispetto all'Ue, va meglio. Perché si potrebbe favorire lo sviluppo e compensare quanto si perde su altri fronti in termini di minore redistribuzione delle risorse verso i territori più deboli».
E la Lega...?
«Da tempo si è rinunciato a puntare sul Mezzogiorno in un'ottica di sviluppo complessivo del Paese. E non mi pare che sia solo un problema di Lega».
Anche qui, però, le cose non vanno un granché bene.
«Direi che in alcuni ambienti politico istituzionali non c'è voglia di cambiamento, la classe dirigente non vuole rinnovarsi e rigenerarsi. Alle ultime elezioni nel Nord ci sono stati nomi nuovi nelle liste, imprenditori compresi, molto corteggiati. Al Sud, specie in Sicilia e in Campania, sono stati catapultati in lista nomi spesso sconosciuti, non radicati ma di apparato. È questa l'attenzione per il Sud?»
Ermanno Rea: «La crisi a Napoli colpa della democrazia bloccata»
Scritto da Francesca Pilla da il Manifesto, 21-05-2008 08:30
E' ia storia a parlare attraverso la voce corposa di Ermanno Rea. E la questione Napoli diviene il tassello di un puzzle chiamato corso degli eventi: «Vorrei sapere se è una conversazione rilassata. Perché ecco, ho le mie piccole idee, non sono certo il depositario di verità acquisite, ma ho una mia analisi». Abbiamo tempo e lo scrittore napoletano, nato nel 1927, autore di un romanzi cult come Mistero napoletano, La dismissione e oggi in concorso al premio strega con l'ultimo lavoro Napoli ferrovia, non ha bisogno di domande, fa da sé. «Benissimo allora vorrei iniziare con una lettura dei discorsi parlamentari di Giorgio Amendola, in particolare della seduta del 20 giugno, quando alla fine del conflitto mondiale spiega i motivi sul perché il Pei si oppone all'istituzione della Cassa per il Mezzogiorno».
La lettura va avanti come una musica per un po', poi Rea d'improvviso si ferma: «E' questo il passo, lo rileggo: 'con il pretesto di dare mille miliardi di lire cercate di creare un organismo che sarà pericoloso strumento di corruzione e asservimento delle popolazioni meridionali da parte di quelle forze sociali, esse stesse responsabili della situazione'. Lui si riferiva agli imprenditori settentrionali e ai latifondisti. Ci siamo. Quasi 60 anni fa Amendola riusciva a prevedere quello che sarebbe avvenuto. La fonte originaria di tanto sviluppo della camorra e di interessi particolari. Qualcuno arriccerà il naso sentendomi parlare della questione Meridionale, visto che ormai è stata bandita dal lessico politico e addirittura si è capovolta in maniera inquietante nella questione settentrionale, ma non essendo mai stata risolta con la modernizzazione del Sud e l'adeguamento degli standard con il resto del paese, ci troviamo inesorabilmente di fronte alla Napoli di oggi».
Un epilogo inevitabile?
Assolutamente. E mi permetto di usare un altro mio cavallo di battaglia: la teorizzazione della democrazia bloccata per tutto il periodo della guerra fredda. E come è possibile farlo se non si è in presenza di un regime totalitario? Svendendo la legalità, lasciando le malefatte impunite per acquisire consenso. Non poteva non accadere quello che vediamo oggi nella nostra città. Monnezza, traffici illegali, camorra, sono processi assolutamente intrecciati, ma invece di affrontarli da un punto di vista politico e dalla prospettiva economica meridionale, si è preferito elargire prebende e sovvenzioni a pioggia favorendo la corruzione. E ora? le problematiche meridionali vengono descritte come questioni locali. Se è così la mia conclusione è pesante: ha ragione Bossi, dividiamoci. Se ho una gamba putrefatta delle due l'una, o la curo o procedo all'amputazione. E' chiaro che sono un sostenitore del corpo unico, la questione del Sud è nazionale. E mi pare di essere in buona compagnia da Guido Dorso a Salvemini, da Gramsci a Giustino Fortunato, uomini che nessuno ha il diritto di mettere in soffitta.
Intanto però passa pericolosamente il messaggio che il problema siano i napoletani.
E' il vecchio e maledetto trucco. Dando per scontato che si tratta del pensiero di una subcultura che non ci appartiene è chiaro che quando non si intraprendono i sentieri giusti, si inquinano tutti i processi negandoli. Si dice spesso che una cosa sia lo zingaro che delinque un'altra quello che vive onestamente, stesso vale per l'italiano, il napoletano, ce ne sono di ogni specie. Oggi però non esiste nemmeno più lo stereotipo di napoletano da cartolina, tollerante, disponibile e accogliente. Prendiamo per esempio i fatti di Ponticelli, io tendo a distinguere poco quanto accaduto dallo scempio dei rifiuti. Entrambi i fenomeni hanno una radice comune di degrado antropologico. Ma sono convinto che Napoli resti meticcia e il suo sarà un futuro di massima apertura.
Nello scandalo immondìzia secondo lei Bassolino è un capro espiatorio o ha effettivamente grosse responsabilità?
Vorrei superare gli eventi, non conosco i fat-. ti specifici e non mi interessano. Trovo invece interessante analizzare il suo percorso politico, con un piccolo riassunto. Napoli è stata pietrificata dalla guerra fredda, una volta caduto il muro è stata travolta, come il resto del paese, da tangentopoli. Spazzati via i vecchi centri di potere dai Gava ai Pomicino, si sono spezzati molti dei legami con il passato. E' stato allora che è nato un movimento fortunato, ribattezzato con uno slogan stupido come «rinascimento napoletano». Ma si trattava di un fermento, di una mobilitazione della popolazione che voleva combattere l'illegalità. Basso-lino ne è stato il conduttore politico poi ha sbagliato. Invece di consapevolizzare la popolazione ha tentato di mettere un freno. La politica che rassicura, quindi tappa, per ottenere consensi è perdente in sé. Faccio un esempio: possibile che nessuno fosse a conoscenza degli sversamenti tossici delle imprese settentrionali nel nostro territorio? Che c'è voluto un giovanotto come Roberto Saviano per raccontarci quanto accadeva? Dove era la politica? La stampa? Quando ho letto gli ultimi capitoli di Gomorra sono saltato dalla sedia, non ne sapevo nulla.
Dal 15 aprile in parlamento c'è una sensazione di solitudine che diventa quasi clande-stinizzazione nella sinistra «rossa». Un'epoca è finita anche in Campania.
A 81 anni sono ormai un uomo con un piede per tre quarti nel passato, non riesco a fare distingui, per me la sinistra ha avuto uno smacco e questo provoca gli stessi sentimenti di solitudine generalizzata. Non posso concepire un moderatismo di sinistra. Anzi mi chiedo se esiste una sinistra moderata. Non capisco Veltroni, sono figlio di un'unica sinistra molto consapevole e costituzionalista. Lo stesso vale per la questione campana, una regione d'Italia e non un'isola sperduta, dove si dispiegano le stesse dinamiche, con le dovute varianti, della Lombardia o della Sicilia. Noi prima ancora del manifesto di Marx avevamo come vangelo la costituzione, dunque l'unità nazionale e per questo la crescita del Sud.
E Berlusconi a Napoli?
Un colpo di teatro, una bella scampagnata
Intervista ad Anna Rea segretario generale della Uil Campania
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Rea: «No agli inciuci Servono governi di salute pubblica»
Scritto da il Corriere del Mezzogiorno, 21-05-2008 07:33
Pax politica, patto istituzionale o inciucio? Di certo l'accordo tra premier e governatore conviene a tutti. «A tutti i responsabili di questa tragedia, di certo non ai cittadini». Perentoria come sempre, la sindacalista e democratica Anna Rea entra a gamba tesa nel dibattito degli ultimi giorni. «Tutti si dicono disponibili ad una collaborazione istituzionale — spiega —. Ma a cosa serve scambiarsi tutti questi salamelecchi?».
«Il rischio evidente è di un vero e proprio inciucio. Ma Berlusconi lo sa che finora i suoi in Campania hanno chiesto le dimissioni di Bassolino?
Serve a tirare a campare e, da quel che leggo, anche a mettere le mani su fondi europei e gestione sanitaria».
Ce lo dica lei a cosa?
Cosa propone?
«Siamo a Beirut, niente inciuci per favore. Partiamo dalla consapevolezza che si è fallito dappertutto e si faccia un governo di salute pubblica in Regione e Comune. Bassolino e la Iervolino abbiano una struttura bipartisan. A patto, però, che tra un anno si vada alle elezioni ».
In questo momento, però, è solo la sindaca ad essere sotto tiro.
Siamo a Beirut Partiamo dalla consapevolezza che si è fallito dappertutto
Simona Brandolini
«Un modo per distrarre l'attenzione dalla Regione. Non che le critiche non siano giuste».
Cosa pensa possa fare il nuovo governo per Napoli?
«Se potessi parlare con Berlusconi gli chiederei di stringere un patto istituzionale che punti a ricostruire il governo democratico del territorio che non esiste. Tutti le figure intermedie, comuni, partiti, sindacati, valgono zero. Io, della Uil, ho difficoltà a convincere i lavoratori dell'Asia o dell'Anm a scendere in strada. All'interno delle istituzioni siedono amministratori che di giorno sono nei Palazzi, la sera sulle barricate. Abbiamo perso credibilità e la fiducia dei cittadini. È da qui che bisogna ripartire».
Giunta Iervolino. Si temporeggia per evitare la crisi
Scritto da Mariano Maugeri da il Sole24ore, 21-05-2008 07:20
A sette giorni dalla scadenza del suo mandato, il super-commissario Gianni De Gennaro ha perso l'aplomb anglosassone delle prime apparizioni napoletane. Ieri, per l'ennesima volta, ha rivolto a Rosetta Iervo-lino l'interrogativo che nel corso delle ultime settimane si è svuotatadel garbo iniziale caricandosi via via di una stizza neppure dissimulata: «Caro sindaco, indicami il luogo nel quale devo depositare la spazzatura dei napoletani, altrimenti blocco la raccolta».
La replica di Rosetta emula Quinto Fabio Massimo, il temporeggiatore: «Caro Gianni, noi saremo sempre al tuo fianco, qualunque siano le tue decisioni». Per capire come mai da questo sindaco e dai consiglieri napoletani non arriverà mai una risposta sulla questione monnezza, è sufficiente partecipare a una seduta del Consiglio comunale. Dopo due tentativi andati a vuoto per mancanza del numero legale, ieri il sindaco si è ripresentata al cospetto del Consiglio. Dopo il rimpasto della settimana scorsa, la maggioranza che dovrebbero reggere le sorti della città poggia sugli equilibri fragilissimi. C'è una fronda all'interno del Pd con tre consiglieri che hanno dato vita a un gruppo indipendente; c'è un consigliere dell'Udeur che decide di volta in volta quale provvedimento sostenere, ci sono due consiglieri dell'Italia dei Valori (uno dei quali eletto nelle liste dell'Udeur) tentati dall'idea di far saltare la maggioranza.
La riunione del Consiglio comunale di ieri pomeriggio avrebbe meritato la macchina da presa di un regista come Francesco Rosi. "Le mani sulla città" quarantacinque anni dopo. La sala dei baroni del Maschio Angioino, in disuso da due anni per le riunioni del Consiglio, è stata riapertaci fretta furia dopo l'irruzione dei consi-
glieri della municipalità di Chia-iano che venerdì scorso hanno occupato manu militari la nuova aula di via Verdi nel bel mezzo di un Consiglio. «Abbiamo temuto il peggio per il sindaco e la Giunta, in via Verdi non esistono uscite di sicurezza», dice uno dei più stretti collaboratori della Iervolino. E allora la prudenza ha suggerito il ritorno al passato, con i vetri piombati di questa imponente costruzione gotica che vibravano sotto le sferzate di un violentissimo vento di maestrale: All'interno della sala dei Baroni di aristocratico c'era ben poco. I consiglieri di maggioranza e opposizione (41 presenti su 60) sonnecchiavano, parlavano tra loro o si dedicavano distrattamente allalet-tura dei quotidiani. Tutti incuranti delgli interventi dei loro colleghi. Un'anarchia che al sindaco e ai presidente del Consiglio comunale appariva naturale. Ieri, peraltro, erala prima apparizione dei cinque nuovi assessori, di cui quattro docenti universitari e l'ex ministro della Giustizia Luigi Scotti (con scorta al seguito) nominato da Romano Prodi in sostituzione di Clemente Mastella Galateo istituzionale avrebbe voluto che la Iervolino, ex ministro degli Interni, li presentasse uno a uno ai consiglieri. Il sindaco, stretta nel suo tailleur beige, appariva invece muta e. imperturbabile. Carmine Simeone, 62 anni, un infarto e sei figli, da trent'anni consigliere comunale (del partito socialdemocratico e plurias-sessore ai tempi della Prima Repubblica, ora del Pd) si avventura in un discorso dalla sintassi caracollante sull'arrivo di Silvio Berlusconi in città: «Domani il presidente ci porterà i doni e la speranza». I doni sarebbero le discariche e i termovalorizzatori. Alla domanda perché questi regali non siano venuti dal sindaco e dalla sua maggioranza, Simeone risponde senza esitazioni: «Perché i napoletani ci sparerebbero».
Intanto.iconsiglierisiaccapi-gliavano sull'approvazione di una delibera che prevede l'assunzione, senza concorso, di 250 lavoratori socialmente utili di cooperative sociali (ex galeotti ed ex tossicodipendenti) per accompagnare ibambini disabili nelle scuole. Cooperative lottizzate dai politici che ottengo-nofinanziamenti da tre istituzioni diverse: Unione europea, Regione e Comune. Il sindaco rimane impassibile. E con lei il suo vicesindaco, l'ottuagenario notaio Sabatino Santangelo, cooptato dalla Iervolino per non scegliere tra i due giovani leoni bassoliniani che aspiravano a quel ruolo: l'assessore regionale Andrea Cozzolino e l'assessore comunale Nicola Oddati. C'è solo il tempo per una dichiarazione della Iervolino sulla missione del Governo: «Non vorremmo passare per persone inospitali, ma da Palazzo Chigi nes-sunocihafattoconoscereilpro-gramma della giornata e tantomeno se è previsto un incontro con i vertici cittadini». Se la forma è sostanza, forse il premier ha relegato la capatina a Palazzo San Giacomo tra le incombenze meno fruttuose della sua giornata napoletana.
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