martedì 4 settembre 2007

L'OPERA DEI PUPI..



Si scrive per popolare il deserto… per non morire…
per essere ricordati e per ricordare… anche per dimenticare…
anche per esser felici… per far testamento… per giocare…
per scongiurare, per evocare… per battezzare le cose…
per surrogare la vita, per viverne un’altra…
per persuadere e amorosamente sedurre… per profetizzare…
per rendere verosimile la realta’…
Tante sono, suppergiu’, le ragioni per scrivere.
Una di piu’, ma forse una di meno (non ho contato bene),
delle ragioni per tacere.
(Le ragioni dello scrivere, Gesualdo Bufalino)

La decisione della Confindustria di introdurre nel suo codice etico una clausola che penalizza ed espelle gli imprenditori che pagano il pizzo alla mafia non fa una piega.
Essa rappresenta una nobile aggiunta alle tante altri nobili dichiarazioni scritte e inserite nei codici etici di confindustria, confcooperative, confcommercio e via dicendo.
Un gesto simbolico positivo, quindi, anche se mentre il magistrato Caselli lo ha accolto con favore, l’ex magistrato Di Pietro lo ha definito “un grosso errore”.
Anche se la vedova di Libero Grassi ha dichiarato che il presidente locale di Confindustria, in passato, avrebbe negato l’esistenza del pizzo quando il marito, poi ucciso dalla mafia, si stava ribellando al racket delle estorsioni.
Giustamente Confindustria vuole dare uno scossone di moralita’ ai suoi imprenditori e fa bene.
Credo, pero’, che i cittadini si augurino uno scossone a 380°. Vogliamo cioe’ parlare dello scambio di favori negli appalti che, pur non essendo un pizzo monetario, sono comunque una forma di corruzione e concussione?
Il Pm De Magistris, alcuni giorni fa a Reggio Calabria, parlando ai giovani in un convegno amplificato da radio locali, ha descritto quanto stia cambiando il clima all’interno delle istituzioni: mentre tempo fa si poteva parlare di singoli giudici deviati, singoli poliziotti deviati, oggi, invece, deviati cominciano a sentirsi proprio quei magistrati, quei poliziotti, quegli uomini delle istituzioni che svolgono coerentemente il loro dovere. De Magistris ha parlato della solidarieta’ che ha sentito attorno a lui dalla gente comune, quella senza potere, e della pressione sottile, invece, esercitata dai grandi poteri.
Ma la cosa piu’ interessante che De Magistris ha detto nel suo discorso pubblico e’ questa (riassumo il senso) : ho analizzato le visure camerali, gli atti costitutivi delle societa’ che ricevono grandi quantita’ di finanziamenti pubblici attraverso appalti e commesse ed ho potuto verificare che sono sempre le stesse a prendere piu’ appalti anche nei settori piu’ diversi. Inoltre, spesso, i titolari delle aziende sono figli o parenti di persone, importanti e meno importanti, che lavorano nelle istituzioni pubbliche.
Fatto questo riferimento alla situazione calabrese, concludo dicendo che la decisione di Confindustria lascera’ il tempo che trova se non si cambia la mentalita’ che genera il “pizzo” e se non si individuano i canali inquinati della pubblica amministrazione che eroga fondi.
Ad esempio, le assunzioni clientelari nelle societa’ appaltatrici che ricevono finanziamenti pubblici, i concorsi di dubbia trasparenza e gli appalti rinnovati automaticamente per quasi un decennio, oppure le gare con un solo concorrente, come, tempo fa, una nota trasmissione Rai ha denunciato.
(Domenico Ciardulli)

9 commenti:

Anonimo ha detto...

(DAL BLOG DI ANTONIO DI PIETRO)

"Prodi ha dichiarato che la decisione di espellere da Confindustria gli imprenditori che pagano il pizzo è: “Un bellissimo esempio”. Molti altri si sono dichiarati a favore.
Io credo che sia invece un grosso errore.
Espellere chi è soggetto a estorsione da parte della mafia senza rimuovere prima le cause, senza riportare sotto il controllo dello Stato intere aree in cui la criminalità la fa da padrona è un controsenso.
Si confondono le cause con gli effetti e si agisce solo su questi ultimi. I lavavetri si combattono impedendo l’ingresso ai clandestini in Italia e rendendo realmente esecutiva l’espulsione, non criminalizzando chi lava i vetri di un’automobile. Lo stesso vale per chi paga il pizzo. Vanno eliminate le cause, anche politiche, che determinano la forza della mafia prima di chiedere il conto a chi ne è vittima. Al posto degli imprenditori che pagano il pizzo vanno espulsi gli imprenditori che con la mafia fanno affari, in Sicilia come al Nord, e che alla mafia devono le loro fortune. Vanno altresì espulsi gli amministratori della Pubblica amministrazione siciliana con dimostrate relazioni con esponenti della mafia. E per finire vanno cacciati da Confindustria gli imprenditori condannati in via definitiva per reati come corruzione, tangenti, falso in bilancio ed evasione fiscale. Quando Luca Cordero di Montezemolo ne proporrà l’espulsione mi congratulerò con lui".

Anonimo ha detto...

la mafia, la camorra, la ndragheta? nelle nostre regioni del sud sono sistemi, modelli di cultura, modi di fare, mentalità, atteggiamenti.
Affidare consulenze milionarie a parenti, amici e clienti è malaffare, è malcostume, che alimenta la camorra, la mafia e la ndragheta.
Alimentare parentopoli, consulentopoli, affittopoli e casapoli significa comportarsi come i camorristi ed i mafiosi.
Sapete perchè? Perchè non si rispettano le regole dello Stato!!

Anonimo ha detto...

avete notato che la fillea cgil di napoli e della campania non diffondono più comunicati per stigmatizzare atti camorristici che si compiono quotidianamente nei cantieri? Vi meravigliate? Signori la camorra non c'è più in Campania, da quando governa Bassolino!!!

Anonimo ha detto...

O imitatores, servum pecus!(Ovidio)
Traduzione
Imitatori, gregge di pecore!

Buonasera a tutti. Dedico questa citazione per indicare le persone prive di personalità.........

Anonimo ha detto...

(Corriere del Mezzogiorno 4 settembre 2007 - il direttore Marco De Marco risponde ad un lettore)
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Caro direttore, l'inchiesta di Emiliano Fittipaldi pubblicata su L'espresso del 30 agosto ha scosso le coscienze e qualcuno finalmente si sveglia dal torpore, come le associazioni che purtroppo sono tutte di centrodestra mentre quelle di centrosinistra brillano per la loro assenza, e inizia a trasecolare e a indignarsi. L'articolo conferma la gravità di un sistema preoccupante che tutti ormai conoscono da tempo ma che si perfeziona sempre di più. Esiste una fascia di professionisti di consulenti in lista di attesa che ormai è in febbrile attesa di incarichi e di prebende cui il metodo regionale fa gioco con larga soddisfazione di tutti gli attori e senza tanti scupoli. È il famigerato «blocco sociale», condannato da Gerardo Marotta come deleterio connubio tra un certo tipo di borghesia professionista e politica degli affari, che è tornato in auge, purtroppo, alla grande. Quanto altro tempo la gente della Campania dovrà attendere perché si possa rientrare nella civiltà senza dover provare vergogna per i mali inguaribili di cui è affetta, di fronte al mondo intero?
Francesco de Goyzueta di Toverena

--------Risposta------------------
Un dato è certo: Bassolino non è più un leader carismatico. Lo è stato per più di un decennio, ma ora non lo è più. La crisi di Napoli, l'inefficacia delle politiche regionali, il dissenso interno alla maggioranza di centrosinistra, la nascita del nuovo Partito democratico e il delinearsi all'orizzonte di nuovi leader come Amendola, Polito, Piccolo, Armato e Nicolais hanno determinato, da un lato, il frantumarsi della sua immagine e, dall'altro, un inedito pluralismo politico. Il primo a rendersene conto è stato, probabilmente, lo stesso Bassolino, ma la consapevolezza delle difficoltà finora non lo ha aiutato ad elaborare una exit-strategy. Bassolino è diventato un leader carismatico quando fortissima era la pressione dell'antipolitica, agli inizi degli anni Novanta. E se è vero che si può avere una pessima immagine anche avendo un ottimo look, si pensi a Paris Hilton, lui ha dimostrato che si può avere un'ottima immagine anche avendo un pessimo look. Da uomo di partito è riuscito ad imporsi nel vivo di una rivolta morale contro gli apparati e le oligarchie. Appena eletto sindaco, Bassolino era un leader «bipolare», nel senso che riusciva a tenere insieme sia la sua parte, sia quella che in un primo momento non lo aveva sostenuto. In pochi mesi era riuscito a proporsi come simbolo unitario della complessità napoletana, come una sorta di minimo comune denominatore. Contagioso come tutti i leader carismatici, l'allora sindaco è riuscito, con il suo particolarissimo magnetismo, ad accendere passioni e entusiasmi. Ha saputo riposizionarsi con geometrica precisione, abbandonando le usurate identità di una volta e recuperandone di nuove. Da leader di minoranza, moralista e intransigente alla maniera di Salvemini, si è trasformato in simbolo di un neo-ecumenismo politico, alla maniera di Andreotti. Alla fine è diventato un perfetto leader «post-identitario», in grado di proporsi come il garante di tutti gli interessi della coalizione e il risolutore di ogni problema. Il leader «post-identitario» è — per dirla con Mauro Barisione, inventore della definizione — un leader pigliatutto, pragmatico e capace «di sparigliare più di ogni altro le carte degli allineamenti elettorali acquisiti, pescando tra gli indecisi, a destra, a centro e a sinistra». Sembrava che Bassolino dovesse dunque navigare sull'onda di una popolarità garantita, quasi fosse un privilegiato del welfare del consenso. Ma anche le carriere più lunghe ad un certo punto si interrompono, o, comunque, conoscono momenti di crisi. Del resto, è inevitabile: più il tempo passa, più è difficile tenere insieme promesse e realizzazioni, e l'insoddisfazione aumenta. Ma nel nostro caso non c'è solo l'inevitabile alternanza di aspettative e di delusioni. Ci sono anche gli inevitabili costi del governo, le conseguenze della cosiddetta «coalizione delle minoranze». In realtà, Bassolino ha tentato di rimandare quando più è possibile l'impatto con le minoranze scontente della propria coalizione, con gli insoddisfatti per effetto delle scelte di governo. Lo ha fatto scegliendo poco, facendo slittare in continuazione i tempi della decisione pubblica e, allo stesso tempo, associando quanti più alleati era possibile alla gestione del potere. Ma alla lunga la corda si è rotta: De Mita, Mastella, Pecoraro Scanio. Chi tira di qua, chi tira di là. Quanto ancora poteva durare il presidenzialismo «pigliatutto» di Bassolino? Ecco la crisi, allora. Una crisi che è diventata irreversibile a partire dal 2004, l'anno della nuova guerra di camorra, e che è precipitata poi con lo scandalo dei rifiuti, che si è sovrapposto a quello delle consulenze e, più in generale, a quello dell'uso improduttivo della spesa pubblica. Bassolino ha avvertito che non avrebbe retto ad una seconda ondata di antipolitica e si è dunque precipitato in cabina di regia per trovare le opporture correzioni. Che fare, allora? La strategia per la rimonta di Bassolino prevedeva due tempi. Il primo doveva servire a decongestionare l'immagine dell'uomo di potere e il secondo ad accreditarlo come l'unico timoniere possibile. Di fronte all'incalzare della polemica sugli sprechi e sulle aziende miste, infatti, ecco un governatore non più schiacciato su una sola dimensione, quella della politica e, dunque, di un potere sempre più invasivo. Bassolino scopre l'arte, la maratona, il tennis. In una parola, il disimpegno. Tanto è vero che qualche volta diserta volentieri anche importanti appuntamenti politici pur di ammirare una mostra di Paladino o un'istallazione di Kounellis. L'arte contemporanea diventa una fuga dal teatrino della politica, un modo per rimarcare una nuova diversità e una certa distanza da consolidate pratiche spartitorie e clientelari. Una volta destrutturata la vecchia immagine, bisognava però sostituirla con un'altra che fosse riconducibile non più alla fuga dalle scelte, ma, al contrario, all'assunzione di responsabilità. Si spiegano così l'insistenza con cui Bassolino ha cercato di tornare al timone dell'emergenza rifiuti e la sua volontà di riprendere saldamente le redini del governo regionale. Sono i giorni in cui molti fan del governatore scrivono ai giornali per dire che sì, e vero, a Napoli e in Campania sono stati commessi molti errori, ma chi, se non Bassolino, può portarci fuori dal vicolo cieco? Ma la realtà non si adatta alle aspirazioni. Arriva infatti la richiesta di rinvio a giudizio per concorso in truffa ai danni dello Stato, commissario per l'emergenza rifiuti viene nominato il prefetto Pansa, altri scandali si addensano, come nubi minacciose, sul Palazzo, e «L'espresso» torna alla carica con un lungo articolo sulla piramide del potere regionale. Ora il governatore è ancora al comando, ma il leader ha perso il suo carisma. A conti fatti, ciò potrebbe costituire una duplice opportunità. Per la maggioranza e per l'opposizione. La prima, se solo volesse, potrebbe ripartire non già dalla solitudine del leader ma dal nuovo pluralismo che si è determinato nel centrosinistra. La seconda, se solo fosse capace, potrebbe finalmente approfittare dell'enorme breccia apertasi nella fortezza nemica, e espugnarla.

Anonimo ha detto...

con un tale consigliere la corruzione non poteva non diventare la regola a Napoli.Anche la camorra, quella vera, è stata fatta entrare nei luoghi di decisione, come a Chicago appunto, dove con i Daley,secondo studiosi e giornalisti,la criminalità decide e paga tutti, dal politico, al professore e fa circolare soldi e affari

Anonimo ha detto...

Napoli senza industria e con servizi scadenti è trasformata in una ragnatela di potere in cui è quasi necessario cadere, a meno che per mantenere la coscienza pulita sei disposto a non lavorare. Il sistema ha creato economie parallele che distruggono il patrimonio pubblico e l'ambiente e danneggiano la salute: l'emergenza rifiuti e gli incendi hanno un indotto vastissimo che senza queste emergenze non esisterebbe. Artefici del sistema: politici, camorra e grossi gruppi industriali.
Non solo la ragnatela è super-ramificata, ma impedisce di lavorare chiunque voglia farlo per il progresso civile della città: l'immobilismo, il degrado economico e sociale sono funzionali al permanere della rete di potere e dei privilegi di quelli che ordiscono la ragnatela: tutti gli altri (assunti nelle aziende pubbliche, consulenti, sindacalizzati, raccomandati) mangiano le briciole che Bassolino gli vuole distribuire, a patto che continuino a non fare nulla di buono (se no la rete si disfa).

Questa è una grossa differenza con altre realtà locali amministrate dalla sinistra, dove forse pure ci son sistemi di potere fastidiosi ma perlomeno sono funzionali a far funzionare i servizi, la pulizia, l'arredo urbano, e a far rispettare regole elementari (codice della strada, contrasto alla microcriminalità e al vandalismo...). a Napoli si affida la gestione della strategica società di trasformazione di Bagnoli ad un 35enne senza titoli ed esperienza solo perché è dello staff di Bassolino.
Come dire: abbiamo fallito coi rifiuti, non ci vogliamo provare neanche con Bagnoli...

Anonimo ha detto...

Ragnatela che toglie vita alla città
è stato raggiunto sulla vicenda Pulsar; per Bassolino non sono consulenze ma assistenze tecniche e quindi è tutto in regola; ciò non solo non legge quello che firma ma non capisce neanchè il senso delle parole e pretende che gli altri lo assecondino

Anonimo ha detto...

Quasi due milioni di euro. E' la cifra che la Regione Campania dovra' pagare al Comune di Orvieto in base all'accordo di programma siglato dalla Regione Umbria e dalla Regione Campania per il conferimento dei rifiuti nella discarica del Comune umbro. La notizia e' stata diffusa dall'ufficio stampa del Comune umbro che l'ha pubblicato sul sito riferendo che: ''Il Tribunale di Perugia ha emesso nei confronti del Commissario di Governo per l'Emergenza Rifiuti della Campania, l'ordinanza di ingiunzione per il pagamento a favore del Comune di Orvieto della somma di 1.855.449,92 Euro oltre agli interessi, quale importo capitale residuo derivante dal differenza tra il capitale richiesto con il ricorso promosso dal Comune, con il ricorso per decreto ingiuntivo e gli acconti versati nel corso della causa dal debitore. In tal senso il Tribunale del capoluogo ha rigettato incidentalmente tutte le eccezioni (in particolare di giurisdizione e di competenza) formulate dalle controparte in sede di giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo. E mentre l'assessore al Bilancio del Comune umbro annuncia con soddisfazione che adesso i legali ''avvieranno le procedure per l'esecuzione del provvedimento del Tribunale di Perugia'', il consigliere campano di An Salvatore Ronghi ricorda di aver presentato due anni fa una interrogqazione in merito al governatore Bassolino, sottolinenadfo: ''L'aspetto piu' grave di questa vicenda e' che tali debiti non ricadranno sul commissario straordinario per l'emergenza rifiuti ma direttamente sulla Regione in quanto l'accordo di programma siglato dalla Regione Umbria e dalla Regione Campania prevede che quest'ultima abbia l'onere di corrispondere le somme relative al conferimento dei rifiuti nella discarica di Orvieto''. ''Cio'- conclude Ronghi - dimostra che l'affare rifiuti Campania e' ancora tutto da scoprire sia sotto l'aspetto penale che amministrativo e auspico che finalmente Bassolino risponda alle mie interrogazioni e faccia chiarezza sulla vicenda''



I CADUTI SUL LAVORO..